Vittime di mafia: Primavera di legalità

Vittime di mafia: Primavera di legalità


“Lo SNADIR e l’ADR hanno aderito ad una iniziativa del CELM, Comitato Europeo per la Legalità e la Memoria”

La Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, questo è il titolo dell’evento che dall’8 marzo 2017 è riconosciuto come giornata nazionale, con la legge n. 20, anche se è da più tempo che si celebra annualmente in tutta Italia, in una data emblematica, il 21 marzo, giorno corrispondente all’equinozio di primavera.

La mafia, lo sappiamo tutti, è un cancro purulento, è una “montagna di merda”, come la definiva Peppino Impastato (ucciso a Cinisi il 9 maggio 1978), che non riguarda solo la Sicilia o alcune regioni del meridione d’Italia, ma ha investito e ancora oggi aggredisce tutto il territorio nazionale, fino ad espandersi tra i popoli d’Europa e di tutto il resto del mondo.

Rappresenta la torbida oscurità di una realtà mista a criminalità organizzata e a componenti deviati dello Stato, della politica e delle istituzioni. Raffigura l’inverno gelido e cupo di un sottobosco sociale e culturale che divora e corrompe tutto quello che tocca. Ma per fortuna alla mafia si contrappone, da sempre, una parte di quella società sana e vitale che la contrasta e la combatte, a costo di immolare la vita dei suoi valorosi combattenti, che con le loro battaglie, spesso solitarie, hanno cercato di far sorgere, come in primavera, i fiori della legalità, della giustizia e della democrazia, in una società assopita da una quotidianità subita e dalla futilità di una cultura massificante.

La chiamano antimafia, quella della memoria di chi per dovere la mafia l’ha combattuta e di chi per innocenza l’ha dovuta subire, come quei tanti bambini, che l’hanno patita senza alcun senso, ma solo per la brutalità che la contraddistingue. Perché non è vero che esiste una mafia buona, che non tocca i bambini ed una cattiva, ma esiste l’unica vera e sola mafia spudorata e violenta, codarda e meschina che uccide pure i bambini, come testimonia l’elenco di ben 108 bambini che, o causalmente o per vendette trasversali, hanno offerto ancora puri e innocenti, appena affacciati timidamente alla vita, la loro piccola e breve esistenza. Come il piccolo Claudio Domino, 11 anni, che la sera del 7 ottobre 1986, mentre con un compagnetto tornava a casa, un bambino normale con una famiglia normale lontana dall’ombra stessa della mafia, venne ucciso a brucia pelo, con un colpo di pistola in faccia, da un killer mafioso (fatto che sarebbe potuto accadere a chiunque di noi), ma di cui dopo trentaquattro anni non se ne capisce ancora il motivo, forse perché avrebbe assistito a qualcosa che non doveva vedere. Ma comunque nessuna giustizia hanno potuto aver riconosciuta, ancora oggi, i genitori del piccolo Claudiuccio.

Il 21 marzo di ogni anno ricordiamo un lungo elenco di più di mille vittime che la mafia ha colpito, uccidendo nell’anima anche i loro familiari. Ma questa Memoria non può essere intesa come un fatto individuale, che coinvolge solo i parenti e gli amici di queste valorose persone, non deve essere considerata come semplice ricordo, ma deve essere considerata una Memoria collettiva e sociale, che diviene testimonianza del passato, per aiutarci a comprendere il presente, affinché il rispetto della dignità umana possa essere sempre più favorito e sostenuto, per un futuro più prospero. La Memoria, infatti, non è solo storia, ma è anche tassello fondamentale per la costruzione del progresso.

La memoria del 21 marzo è trasposizione di valori di uomini e donne, che hanno combattuto la “montagna di merda”, che diventano vita e testimonianza da trasmesse alle future generazioni, compito inesauribile e prioritario della scuola.

Bisogna ricordare per non dimenticare e per bonificare, sia a livello culturale che sociale, una società corrotta, demotivata, assopita e in perenne oblio.

In questa logica, lo SNADIR e l’ADR hanno aderito ad una iniziativa del CELM (Comitato Europeo per la Legalità e la Memoria), che si è svolta on line lo scorso 19 marzo (dato che il 21 quest’anno ricorreva di domenica) ed ha coinvolto migliaia di studenti da tutta Italia, collegati con l’IIS “Polo – Bonghi” di Assisi, capofila dell’iniziativa nazionale, dove si è svolta la cerimonia di scopertura del Monumento ai caduti vittime della mafia, posto nel giardino dello stesso Istituto.

L’iniziativa è nata dal percorso di legalità e antimafia che la scuola ha condotto a favore dei propri alunni, sfociando in un momento di riflessione e di ascolto. Alla manifestazione, oltra alle autorità locali, hanno partecipato quindici familiari vittime di mafia, che hanno risposto ad un appello, scandito dalla voce dei ragazzi, che ripetevano, uno per uno, il nome delle vittime selezionate (per ovvi motivi organizzativi) e la data della loro uccisione. Là dove per una determinata vittima vi era la presenza del familiare, questi nel rispondere all’appello, declinava brevemente la vita del proprio congiunto e l’atto che lo ha condotto all’estremo sacrificio, ma ha anche trasmesso, come testamento, l’insegnamento morale che traspare perennemente da quelle vite virtuose e valorose. Inoltre quattordici bambini della prima classe, della sezione E, della primaria (6 anni) dell’IC Foligno 1, sempre on line, hanno pronunciato il nome di altrettanti bimbi uccisi innocentemente dalla mafia.

Di seguito riporto il nome dei familiari delle vittime di mafia, che hanno preso parte all’iniziativa (in parentesi il grado di parentela ed il nominativo del loro caro): Bertuccio Carmen (figlia di Antonio), Burgio Claudio (figlio di Giuseppe La Franca), Castelbuono Antonio (figlio del vigile Salvatore), Chinnici Giovanni (figlio del giudice Rocco), Costa Michele (figlio del giudice Gaetano), Di Vita Pippo (collaboratore e collega di P. Pino Puglisi), Domino Ninni e Accetta Domino Graziella (genitori di Claudio Domino, 11 anni), Malvestuto Cesare (collaboratore di Vito Ievolella), Mancuso Carmine (figlio del maresciallo di polizia Lenin), Musella Adriana (figlia di Gennaro), Nuccio Francesco (figlio dell’artificiere Pasquale), Piazza Andrea (fratello del poliziotto Emanuele), Rizzotto Placido (nipote del sindacalista Placido), Sole Massimo (fratello di Giammatteo). Al termine hanno lasciato un loro messaggio, ai giovani partecipanti, tre testimoni di legalità: Paolo Borrometi, Giovanni Perna e Giovanni Taormina.