Una didattica dell’IRC per EAS “episodi di apprendimento situato”

Una didattica dell’IRC per EAS “episodi di apprendimento situato”

Nel campo della didattica digitale, l’IRC ha una nuova possibilità di azione metodologica  nei cosiddetti EAS, ossia Episodi di Apprendimento Situato. Come tutte le strategie educative e didattiche, che hanno  punti di forza ma anche di debolezza, così è anche per gli EAS, i quali, se ben organizzati, possono costituire , nel panorama delle metodologie, una possibilità di innovazione nel quadro delle classi “generazione web”.

Ma cosa vuol dire insegnare con il metodo degli EAS? Anzitutto chiariamo il concetto di EAS. Si tratta, in buona sostanza, di una piccola porzione di azione didattica, una mini unità di modulo didattico che consente di sviluppare competenze disciplinari o interdisciplinari  in un contesto di situazione.

Il docente di religione può progettarla per la sua singola disciplina o in concorso con altre,  distribuendola in quelle che sono le sue fasi fondamentali:

a) la fase preparatoria, da spalmare in due ore, e che  ha a fondamento la logica didattica del problem solving e che ha l’obiettivo di far acquisire agli alunni, attraverso varie attività, singole e in gruppi,  come il framework concettuale, la  situazione, la problematizzazione con Video, immagini , esperienze, documenti, testimonianze, la conoscenza delle principali caratteristiche dell’oggetto culturale;

b) la fase operativa, anche ‘essa di due ore, nella quale il docente definisce i tempi e i modi di realizzazione  delle attività, organizza il lavoro individuale e di gruppo, mentre gli studenti, attraverso  una dinamica laboratoriale,   apprendono mentre operano. Questa fase  , a seconda del tema, deve condurre alla produzione di un artefatto (es.: una mappa concettuale , un’attività di Digital Story Telling, un poster multimediale, un video, un racconto, un testo, un disegno, etc..);

c) la fase ristrutturativa:   è il momento della riflessione su quanto è successo  e in cui si fissano gli elementi riconducendoli a cornici concettuali e/o esperienziali.

In questa terza fase mentre gli studenti devono poter porre in azione le loro competenze  acquisite in modo critico, il docente deve consentire di apprezzare i risultati raggiunti, attraverso una discussione che faccia uso della tecnica del brainstorming, di tecniche di indirizzo dell’analisi come parole-chiave, mappe concettuali, domande guida, come pure l’ascolto e la valutazione del lavoro fatto dagli altri (video o audio). Il docente chiude l’EAS con un momento frontale di lezione a posteriori, richiamando i concetti-chiave, fornendo indicazioni per l’approfondimento e dando così senso all’attività.

Al termine dell’EAS, che può essere concentrata in cinque/sei  ore, il docente procede alla valutazione del compito prodotto, predisponendo una griglia  avente alcuni indicatori possibili finalizzati ad accertare se  gli alunni si sono calati nel ruolo di analisi in modo adeguati; se la creatività messa in campo ha prodotto risultati stimolanti; se le risposte alle domande sono state palusibili e coerenti; se il prodotto finale ( un video, una mappa, un disegno, una intervista, etc..) è tecnicamente e contenutisticamente valido. 

Il docente può anche presentare alla classe una scheda  di autovalutazione dello studente. 

Come si può notare, gli EAS superano quella  logica granitica del “programma” con tutte le sue cronologie, per puntare su un modo di “fare scuola” attivo e cooperativo di si apprende facendo e utilizzando in modo intelligente  la rete di esperienze testuali, multimediali, laboratoriali. È necessario cioè compiere un cambiamento di prospettiva, passando dalla logica degli obiettivi conoscitivi a quella della maturazione delle competenze. Progettando in tale direzione, diventa indispensabile fornire agli alunni occasioni di laboratorio, di realtà, di ricerca, ed è qui che gli EAS diventano strumento utilissimo, oltre che oggetto stesso di valutazione.