Quando la rabbia dell’insegnante rende più difficile il rapporto educativo

Quando la rabbia dell’insegnante rende più difficile il rapporto educativo

Sembra strano parlare della rabbia dell’insegnante quando normalmente ci preoccupiamo del disagio degli studenti. E’ normale che capiti anche ai docenti. Infatti la rabbia è una reazione emotiva che si attua in presenza di una minaccia alla nostra sopravvivenza. Ci mette in guardia contro il pericolo, spingendoci ad agire e a combattere.

Purtroppo capita – sbagliando – che il docente porti la rabbia dalla sua vita privata e la scarichi nella classe, oppure si senta in difficoltà nel gestire gli alunni e allora li affronti soprattutto con l’intimidazione. Ricordo bene i miei primi anni d’insegnamento e la difficoltà a lavorare con alcune classi. Talvolta scattava l’urlo, la rabbia e succedeva che gli studenti ridessero di ciò… Io perdevo credibilità ai loro occhi e loro facevano ancora più confusione.

Noi pensiamo che adirarsi sia una cosa umana, però è giusto ricordare che non abbiamo alcun bisogno dell’ira e che essa non ci rende più felici. Infatti dopo le prime esperienze negative di cui ho parlato ho avuto modo di confrontarmi con docenti preparati che mi hanno fatto capire alcune cose:

  • spesso reagiamo in maniera normativa soprattutto partendo dalla paura di non essere ascoltati e accettati.
  • se qualcosa non va con un alunno o con la classe, è bene fermare la lezione e cercare di capire cosa vogliono dirci, capire perché non ci ascoltano.
  • L’ira non funziona mai nel senso di cambiare gli altri, anzi quasi sempre incoraggia l’altra persona a continuare ad agire come ha sempre fatto.

I ragazzi talvolta ci mettono alla prova. Se vedono che ci arrabbiamo facilmente continuano a stuzzicarci e a mettere in atto dei giochi per rallentare la lezione e farci perdere tempo. Che senso ha adirarsi per cose che non si possono cambiare (comportamento dei nostri alunni, il loro poco studio a casa) dovremo dare agli altri il diritto di essere diversi da come li vorremo noi. E alla base di tutto la capacità di saper ridere anche di noi stessi perché diceva bene un Anonimo: “Che tu rida o ti adiri, non cambia di molto le cose. L’unica differenza è che, se ridi, il tuo tempo si riempie di felicità, mentre se ti adiri, lo sciupi a tormentarti.