Padroni della vita? L’esistenza umana tra etica e diritto

Padroni della vita? L’esistenza umana tra etica e diritto

Non esiste dubbio sul fatto che la vita è un bene primario a livello globale. La vita è infatti un valore universalmente riconosciuto, tant’è che( è sufficiente citare la Costituzione europea all’art. II – 62 , ove si afferma che “Ogni persona ha diritto alla vita”) tutti i sistemi legislativi ritengono essenziale e fondamentale il rispetto della vita fisica, quale presupposto di tutti gli altri diritti umani: libertà, salute, cibo, istruzione, ecc. Eppure, quando si parla di vita spesso nascono conflitti, divergenze, si costruiscono persino delle ideologie che riescono a dividere la società civile e si aprono anche dei solchi tra cattolici e laici. Se la vita è un bene riconosciuto da tutti, perché accade tutto questo?
Credo che per capirci è anzitutto necessario precisare che cosa intendiamo per vita e il concetto di senso della vita. Se ci poniamo su un piano scientifico e filosofico, parlare di vita significa fare riferimento sia alla vita biologica, comune a tutti gli organismi viventi, piante incluse, sia alla vita umana, che è caratterizzata dal fatto che comprende, oltre gli elementi biologici, anche le funzioni intellettive e spirituali, che sono quelle che ci fanno parlare di persona umana.
Quando ci spostiamo su un piano etico, il concetto di vita si amplia, poiché entriamo in un orizzonte nel quale si fa riferimento alla ricerca di senso, ossia al bisogno dell’esistenza umana di capire chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. La ricerca di senso della vita ci porta ad interrogarci sulle domande ultime che caratterizzano il cammino dell’uomo, e il cristiano del nostro tempo è in questo orizzonte che deve collocare il termine vita.
Se spesso, pur difendendo tutti la vita, si creano delle contrapposizioni, è perché alcuni sostengono una visione sacrale della vita, che è chiaramente di stampo religioso, per cui danno ad essa un valore assoluto e affermano che essendo la vita un dono di Dio sacro ed inviolabile, l’uomo non solo deve salvaguardarla ma non può decidere autonomamente di disporne a proprio piacimento; altri, invece, puntando su una visione qualitativa della vita, di matrice laica, ritengono che la vita appartenga all’uomo, e il suo valore non dipende da Dio ma dalle condizioni di benessere fisiche e mentali che egli riesce autonomamente a conquistare, nonché dal contesto culturale in cui egli vive.
Da queste due visioni nascono le divergenze, che non sono insignificanti: chi ritiene sacra la vita, tiene conto di indicazioni morali trascendenti,universali, immutabili, oggettive e che trovano in Dio la fonte della riflessione etica ; chi afferma che la vita non è creazione divina, sostiene che le norme morali, per esempio in materia di bioetica, sono interamente stabilite dall’uomo, che non esistono altresì azioni giuste o sbagliate in assoluto e che la riflessione sulla vita umana è mutevole in ogni luogo e in ogni tempo e affidata alla libertà e autodeterminazione dell’uomo stesso. A questo punto viene da chiedersi : rispetto a queste due posizioni, dove sta la verità? Se uno non è credente, perché dovrebbe accettare una visione sacrale della vita?
La questione non è da porre, come superficialmente alcuni fanno, in termini di imposizione della visione sacrale della vita a chi non è credente, quanto invece di capire, mediante la ragione, se la vita è portatrice di un valore aggiunto che in se stessa non avrebbe. Ed è chiaro che sia proprio la ragione a dire a credenti e non, che la vita non è intanto la semplice descrizione scientifica, in particolare biologica, di una entità con i suoi processi metabolici e chimici, né è sufficiente poter pensare che sia il sentimento o l’emozione a darle valore; la vita è “l’esistenza che si fa cammino”, è “l’esistenza che diventa progetto”, e tutto questo presuppone un Altro, un Qualcuno che le ha dato e le dà valore; se così non fosse, non si capirebbe la nascita, la morte, il bisogno di amare, di essere felici e di realizzarsi.
Ecco, c’è bisogno del termine “esistenza” per comprendere che c’è un Soggetto che conferisce un valore speciale ad un particolare tipo di vita.
Nel cristianesimo c’è proprio questa visione della vita come “esistenza” inserita in un progetto divino: è dall’atto creativo e volontario di Dio che nasce la vita e che la rende inviolabile; l’uomo deve amministrare la sua vita ma non ne è padrone e, quindi, non può farne ciò che vuole; la vita va vissuta secondo quanto Dio ha insegnato e con la consapevolezza che appartiene a lui: “Stolto! Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che avrai preparato di chi sarà? (Lc 12,20); “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che il potere di far perire l’anima e il corpo (Mt 10,28).