Occorre un tempo di riflessione per fare bene

Occorre un tempo di riflessione per fare bene

Ora che il “decreto scuola” è entrato in vigore, è tempo di riflettere sui passaggi successivi per cercare di focalizzare ciò che è necessario fare per dare maggiori garanzie ai docenti precari di religione cattolica e magari porre riparo a qualche norma chiarendone la portata e l’interpretazione.

Occorre premettere e precisare che l’attività della nostra organizzazione a tutela di tutti i precari che insegnano religione si svolgerà anche – come abbiamo più volte detto – nell’impugnazione dell’art.1-bis, commi 1 e 2 della legge 159/2019 sia presso i tribunali interni che presso le corti europee per la tutela del principio di uguaglianza e non discriminazione tutelati dalla nostra carta costituzionale, dalla carta di Nizza e dalla clausola 4 della direttiva 1999/70. Un primo ricorso è già stato avviato e altri ne seguiranno. Fatta questa necessaria precisazione, riportiamo l’attenzione sul discriminatorio e iniquo art.1-bis.

La Conferenza Episcopale Italiana, subito dopo la nostra decisa protesta del 30 dicembre scorso,  ha espresso la propria disponibilità a collaborare, in dialogo con il Ministero e con i Sindacati, alla elaborazione del bando di concorso, in modo da “valorizzare la preparazione e le competenze degli insegnanti di religione, molti dei quali in servizio da tanti anni”.

I Vescovi ribadiscono, poi, “il loro impegno e la cura per gli insegnanti di religione cattolica e per la loro serenità professionale e familiare”.

Anche i Sindacati della scuola, che hanno condiviso con noi in questi anni la richiesta di misure adeguate per i precari di religione, si impegneranno nell’elaborazione di soluzioni che conducano a una progressiva stabilizzazione di tutti i precari. Chiaramente ciò sarebbe risultato più semplice con una procedura straordinaria ma così non è stato.

Il bando di concorso sarà stilato, come riportato dal testo della norma, previa intesa con il Presidente della Conferenza episcopale italiana. 

Se l’obiettivo comune dei sindacati e del Ministero sarà quello di cancellare 15 anni di precariato, si troveranno certamente modalità di salvaguardia per chi già lavora nella scuola con professionalità e dedizione.

L’On. Toccafondi, in un suo intervento su «Avvenire», ha riferito dell’impegno “del Governo a dare un super punteggio agli idonei del 2004 e per gli anni di servizio”. Non abbiamo motivi per credere che tale impegno sarà disatteso pertanto possiamo guardare ai prossimi mesi con la ragionevole speranza che, in ogni caso, nessuno sarà privato del posto di lavoro.

Intanto attendiamo di conoscere tempi e modalità di scorrimento della graduatoria del 2004: riteniamo che il Ministero debba procedere in tempi brevi in quanto la legge n. 159/2019 è già in vigore e gli organici del corrente anno scolastico sono stati ufficializzati l’estate scorsa. È possibile quindi, con l’ausilio degli Uffici scolastici regionali, avere il quadro delle cattedre in questo momento disponibili da attribuire allo scorrimento della graduatoria del concorso 2004.

Conosciamo la sensibilità della Ministra Azzolina in merito ai precari, siamo certi saprà dare una risposta a tale problematica senza “se” e senza “ma”.

Infine, è utile puntualizzare che se il bando non fosse adeguato alle esigenze dei precari che insegnano religione, lo Snadir non  accetterà mai di avallare un testo figlio di una legge discriminatoria e iniqua.

Occorre un tempo di riflessione per fare bene, per fare meglio. Occorre agire con coerenza e responsabilità, mettendo da parte lo spirito di insofferenza che ci ha accompagnati in questi mesi, e cominciando a fare i conti con le conseguenze di un decreto che non è più una mera possibilità. Vogliamo agire concretamente per risollevare la condizione di un’intera categoria di docenti, dedicare il nostro impegno e la nostra dedizione ad azioni politiche e amministrative che sappiano restituire dignità ai docenti di religione ingiustamente discriminati. E, più di tutto, vogliamo, in qualità di sindacato e di uomini e lavoratori che vogliono vedersi riconosciuti  i  propri diritti,  unirci per abbattere le barriere che anni di manovre politiche inefficienti hanno alzato davanti a noi.