L’INTERVISTA: Cos’e la la religione? La polesimia di un concetto contestato. Ne discutiamo con il ricercatore Paolo Costa della Fondazione Bruno Kessler

L’INTERVISTA: Cos’e la la religione? La polesimia di un concetto contestato. Ne discutiamo con il ricercatore Paolo Costa della Fondazione Bruno Kessler

Cosa significa religione? Che ruolo può avere oggi, nel tempo dell’epidemia globale? Cosa significa libertà di religione  in un tempo di costrizione e quarantena?  Alla prima domanda non esiste una risposta diretta: è un concetto polisemantico, per Paolo Costa, ricercatore presso la Fondazione Bruno Kessler e saggista, che da poco ha pubblicato uno studio intitolato “Cos’è la religione? La polisemia di un concetto contestato” in  “Annali di studi religiosi” di FBK Trento (scaricabile gratuitamente dal sito FBK).  Alle altre  domande prova a rispondere una serie di webinar organizzati da FBK, dal titolo “COVID-19, Religion and Belief”  (programma e iscrizione gratuita sul sito FBK https://www.fbk.eu/it/ , relazioni in inglese).  

D. Come viene oggi utilizzato il termine religione? 

R. Il termine religione viene utilizzato  per tracciare dei confini – ci ha spiegato Costa – tra persone religiose e non, cristiani e musulmani. Sembrerebbe proprio un concetto utile a “categorizzare”. Il paradosso però è evidente: a ben vedere  è proprio l’esperienza religiosa ad essere riluttante rispetto alle categorizzazioni. Ho provato, nel mio articolo, a spingere le persone che pensano e parlano di  religione a tracciare dei confini più “sofisticati”  ad esempio: quale tra le esperienze storiche è più vicina al nostro concetto di cos’è religione? Oppure: nel panorama contemporaneo, tra le varie esperienze religiose, esiste un minimo comune denominatore? Ho l’impressione che se le persone vengono stimolate si rendono conto che la nostra responsabilità intellettuale dovrebbe andare nella direzione di minimizzare le categorizzazioni. Assistiamo però a usi molto rigidi della religione, come “marcatore”, una specie di “post it”, di adesivo che ci serve a incasellare uomini ed esperienze. 

D. Cosa si intende dunque con “polisemia della religione”? 

R. “Significa appunto che non esiste una risposta diretta al quesito “cos’è religione”. Dobbiamo invece fermarci e, come suggerisce la definizione di religione di Emile Benveniste per cui il significato di “religio” sarebbe di “ritornare su ciò che si è fatto”, ri-leggere, fermarsi per approfondire meglio la nostra relazione con tutto ciò che è sacro e religioso. L’etimologia classica fa risalire il termine a “ri-legare”, legare assieme, ricongiungere. Ma quella di Benveniste ci permette di guardare più a fondo: fermarsi in una attitudine scrupolosa, rallentare prima di agire, come appunto in un rito religioso. Senza usi categorizzanti o politici: proprio la politica tende alla direzione opposta per “usare” la religione per descrivere e delimitare. Evidente infatti è la capacità della religione di pescare nelle nostre emozioni più profonde. La politica è capace di bipolarizzare la realtà: da una parte il “fatto compiuto” dall’altra la reazione emotiva conseguente. Diventa salutare quindi ritornare a riflettere sul concetto di religione, sia dal punto di vista pratico, per evitare strumentalizzazioni, sia da quello strettamente morale. 

D. Possiamo ancora dire che  nel concetto di religione c’è quello di fede o sono ormai da considerarsi disgiunti? 

R. Con la polisemia della religione l’intento è proprio quello di includere e non escludere. Occorre accettare il fatto che la religione ha molte facce: è normale aspettarsi che esistano forme più ritualistiche, o legate all’ortoprassi, altre più legate alla dimensione della fede. Ma ci sono anche sforamenti, oltre la dimensione della fede per avere una attitudine sperimentale nei confronti del fine comune delle religioni: favorire una trasformazione dell’individuo verso “l’alto” il “meglio”. 

Dunque qual è il minimo comune denominatore delle religioni?

R. “La capacità di tenere assieme il dualismo nell’esperienza umana: non tutto si può ridurre all’unità e c’è una tensione trasformativa nell’esperienza umana. Questo elemento comune rende significativa la polisemia della religione intorno ad un centro di gravità semantico: la persona religiosa ha molto a cuore le distinzioni fondamentali dell’esistenza. Nel nostro vocabolario questo ha a che fare con la fede: un’espressione di fiducia, di serietà e affidabilità, anche se nelle religioni questa componente ha trovato manifestazioni molto diverse”.