L’importanza della “motivazione” nell’attività didattica dell’IRC

L’importanza della “motivazione” nell’attività didattica dell’IRC

Nella nostra scuola si usa spesso una terminologia che punta  su cinque lemmi di notevole consistenza: motivazione, istruzione, formazione, competenze, comunicazione.Si tratta di aspetti che  vanno evidenziati non  per creare un “miscuglio”, ma per dare la visione del “composto”. Questi termini  costituiscono, infatti,  un “composto”, perché il rapporto che c’è tra di loro  determina la composizione di un’unica sostanza: il processo di educazione della persona.Per una “buona scuola” i docenti  di religione devono puntare su una azione didattica dell’IRC fondata su  una pedagogia come “educazione ben fatta”, così da porre le basi epistemologiche per orientare correttamente e con un lessico appropriato l’esperienza educativa, della formazione e dell’istruzione. 

Poiché l’educazione implica sempre una relazione interpersonale, è fuor di dubbio che l’IRC, rispetto alle altre discipline, e per come è collocato nel quadro delle finalità della scuola, ha un ruolo decisivo ed importante nell’educazione della persona ed  esige un supplemento di motivazione sia nel docente che insegna tale disciplina, sia nell’allievo, il quale, come sappiamo, è chiamato ogni anno a fare la scelta dell’avvalersi o meno di tale insegnamento. Se un idr vuole con la sua disciplina contribuire seriamente alla formazione della persona deve porsi costantemente alcuni interrogativi importanti sul rapporto tra motivazione e insegnamento:

  • Come motivare gli allievi nell’attività didattica? Come suscitare in loro l’interesse ad una partecipazione attiva, fattiva e collaborativa perché comprendano il valore e il senso culturale della religione nella vita dell’uomo e della società? 
  • Il docente di religione in che modo può rendere la propria disciplina uno strumento che educa istruendo?
  • Che cosa vuol dire comunicare? Quali sono i fattori che devono caratterizzare il comportamento del docente nella comunicazione educativa? 
  • A che cosa vanno incontro nell’attività di insegnamento e apprendimento docenti di religione “permissivi”  o al contrario eccessivamente “direttivi”?
  • Quali percorsi curricolari occorre porre in essere perché si posa puntare su una formazione degli allievi in grado di mettere in sinergia “esperienza e saperi? 

Sono, questi, interrogativi che devono sempre essere presenti nel pensiero degli idr e che devono favorire  uno scatto di motivazione e, quindi, di professionalizzazione e innalzamento del livello qualitativo della sua attività didattica.

PER UN’ATTIVITÀ DIDATTICA MOTIVATA

In una scuola che vuol dirsi “buona”  c’è proprio bisogno di questo “scatto di motivazione”. Se c’è motivazione ci può essere successo scolastico; senza motivazione si rischia il fallimento. Docenti motivati possono motivare i propri studenti.  La motivazioneè infatti ciò che induce un docente  ad una determinata azione didattica; è ciò che spinge il comportamentodi un docente verso una data meta.

La motivazione, insomma,  svolge fondamentalmente due funzioni: attivare e orientare comportamenti specifici. E la  motivazione non può essere relazionata  solo al legittimo corrispettivo economico; questo è importante e va sicuramente tutelato, ma non bisogna dimenticare che la funzione docente è di una responsabilità decisiva perché oggi tra i banchi di scuola noi formiamo le generazioni che dovranno assumersi responsabilità nel prossimo futuro, e ciò che loro saranno dipende anche da noi. Ecco perché è importante questo “scatto di motivazione”. Nella scuola che vuol definirsi “buona”, i docenti di religione, attraverso le loro competenze disciplinari, devono poter contribuire con un insegnamento della religione che possa connotarsi come:

  • Irc dell’educazione integrale della persona, che colloca lo studente  nel mondo e lo aiuta ad acquisire una immagine sempre più chiara ed approfondita della realtà sociale;
  • Irc che sa orientare, che mira all’orientamento di ciascuno studente e favorisce l’iniziativa del soggetto per il suo sviluppo psichico, fisico, intellettuale;
  • Irc  della motivazione e del significato, cioè capace di dare agli allievi le ragioni del “perché” si studia la religione , che non deve  apparire “un luogo meramente confessionale” ma un “luogo culturale” dove il cristianesimo si incontra con altri sistemi di significato, con la vita di oggi e dove il docente  è impegnatoa offrire  conoscenze e far nascere  abilità disciplinari e interdisciplinari sulle effettive capacità di ogni studente, utilizzando le modalità più motivanti e ricche di senso;
  • Irc della prevenzione dei disagi e del recupero degli svantaggi : la migliore prevenzione è l’educazioneil docente di religione, più di ogni altro, deve potere e sapere leggere i bisogni e i disagi dei preadolescentie deve intervenire prima che si trasformino in malesseri,disadattamenti e abbandoni ed evitando così di lasciare indietro qualcuno;
  • Irc della relazione educativa, ove alla logica dello scambio(la scuola dà una cosa lo studente contraccambia con qualcosa di altro)si sostituisca  quella della relazione educativa, che implica l’accettazione dello studente e il prendersi cura di una persona che deve crescere verso la maturità culturale;
  • e infine, un Irc dell’identità chiara, senza complessi e sindromi,  capace di  assolvere il compito di accompagnare il bambino, il preadolescente e il giovane verso la maturità culturale e umana. 

In una scuola  in cui si parla di educazione formazione, istruzione, competenze disciplinari, capacità comunicative, qual è allora lo specifico apporto dell’IRC? 

L’IRC non può essere una semplice ora di dibattito sull’attualità, né un auditorium in cui si travasano, specie se la classe lo permette, mere  conoscenze religiose, ma deve tende a diventare nell’ottica della scuola pensata da Don Milani, “laboratorium” ove si pone in essere una didattica per competenze. L’IRCdeve sempre connotarsi come“disciplina di senso”,dove per senso intendiamo non l’orientamento dello studente a fare una scelta di fede religiosa , ma di  “senso” perché fa interrogare tutti, credenti o meno,  sulle domande ultime, sugli eterni ed assillanti interrogativi che riguardano il senso della vita umana, il perché del dolore, del male, della morte, il destino che dopo la morte attende l’uomo, il valore della legge morale, dei rapporti sociali. E quando su queste tematiche il livello dell’insegnamento è alto l’educazione diventa “buona” e può contribuire a formare “buoni cittadini”.