LA SHOAH: come parlarne a scuola nel modo migliore

LA SHOAH: come parlarne a scuola nel modo migliore

Essere «candele della memoria» significa creare cittadini di domani

Quando si avvicina il 27 gennaio, la ricorrenza del Giorno della Memoria, inevitabilmente si apre un dibattito costellato di dubbi. I docenti si pongono più o meno queste domande: è il caso di affrontare un tema così delicato con i bambini? Che età devono avere gli studenti? Come proporre questa tematica a scuola? Con quali strumenti? Ci si chiede se parlarne oppure no con gli alunni perché gli argomenti sono difficili da affrontare, possono generare sofferenza o turbare soprattutto i più piccoli e i più sensibili. Raccontare la Shoah, inoltre, fa sentire a disagio e inquieta. Perché in fondo cos’altro è se non la manifestazione del Male con la M maiuscola? Che cosa testimonia se non il fatto che l’umanità può cadere nel buio più profondo della malvagità e della violenza

La Shoah è la prova tangibile che l’uomo, per affermare sé stesso e le proprie idee, è in grado di disumanizzare, umiliare e schiacciare altri esseri umani discriminandoli per la loro appartenenza religiosa o per pregiudizi dettati da chissà quali incrinature della storia. Ci svela che c’è stato un tempo in cui è stato ritenuto legittimo uccidere senza pietà: donne, uomini, bambini, giovani, vecchi… C’è stato un tempo in cui a uomini e donne è stata tolta ogni dignità, libertà, diritto alla vita. C’è stato un tempo nel quale si è ritenuto giusto sterminare milioni di esseri umani.

È difficile studiare queste tragiche pagine di storia anche per noi adulti. E allora perché affrontare questi discorsi a scuola?
Credo che la risposta sia solo una: bisogna parlarne perché questi fatti non accadano mai più. Bisogna affrontare la Shoah per generare indignazione e rabbia contro l’ingiustizia, per stimolare il bisogno di proteggere e difendere i diritti umani che, purtroppo, anche oggi non vengono rispettati in alcuni Paesi del mondo. È necessario aiutare le giovani generazioni a costruire e consolidare una coscienza morale intesa come capacità di distinguere il bene dal male e di agire di conseguenza. Parlare della Shoah significa riflettere su chi sia l’Altro, il diverso da me, per comprendere che non devono esistere discriminazioni di alcun tipo. In quest’ottica la ricorrenza del Giorno della Memoria può essere proposta anche ai più piccoli. Sono tematiche da affrontare con delicatezza e sensibilità avvalendosi degli strumenti giusti. Lo scopo non deve essere mai quello di turbare, ma quello di indurre alla riflessione e di attivare le emozioni promuovendo l’empatia. Da ciò il generarsi progressivo di quella competenza emotiva essenziale per imparare a relazionarsi con gli altri senza discriminare, bullizzare o prevaricare. Una competenza che deve abbattere il muro dell’indifferenza che ha permeato la società del passato che ha finto di non vedere treni carichi di esseri umani destinati ai forni crematori, ma che caratterizza troppo spesso anche la vita di oggi connaturata da isolamento e fragilità.

Come proporre concretamente questo tema? Quali strumenti usare?
Io partirei sempre dalla lettura di un bel libro e oggi ce ne sono tantissimi. Ce ne sono di illustrati, pensati per i bambini più piccoli, e altri adatti ai ragazzi più grandi. Alcuni di questi testi narrano storie vere diventando testimonianza e accrescendo ancora di più l’empatia in chi le ascolta. Poi esistono interviste a sopravvissuti, film, documentari… Si può approfondire il tema anche spiegando cosa sono i Giardini dei Giusti e le Pietre d’Inciampo (un sito molto interessante è https://it.gariwo.net/ ). Il materiale non manca, basta sceglierlo con accuratezza tenendo ben presente l’età dei nostri alunni e il loro livello di maturazione. Un altro aspetto importante di cui tener conto è il percorso emotivo che hanno svolto con la guida del docente: parlare di tematiche che implicano un coinvolgimento emotivo non si può improvvisare in una sola lezione.

Liliana Segre, nel libro “Fino a quando la mia stella brillerà”, edizioni Piemme, spiega che i ragazzi che incontra nelle scuole sono “le candele della memoria”, testimonianze vive della voce di chi ha vissuto la Shoah contrastando la tesi di chi racconta che non sia esistita e che quelle atrocità non siano mai state compiute. La senatrice a vita ripone grande fiducia anche negli insegnanti. «Se un docente riesce a far proprio l’argomento è motivato a parlarne a tutte le sue classi. Per tanti anni». Questo è il mandato di una donna che ha fatto della sua terribile esperienza un inno alla vita e una preghiera ai giovani perché trovino la forza per diventare artefici di sé stessi, per vivere con intensità senza mai cedere al linguaggio dell’odio e dell’indifferenza. Non chiediamoci dunque se parlare della Shoah, chiediamoci solo come farlo nel modo migliore.