La scrittura creativa a scuola : un’esperienza bella, divertente e stimolante per gli studenti

La scrittura creativa a scuola : un’esperienza bella, divertente e stimolante per gli studenti

Narrare è una delle forme espressive più antiche che esistano nella storia dell’umanità, ma c’è una grande differenza fra ascoltare, leggere o scrivere storie. La scrittura e la lettura richiedono uno sforzo maggiore, una fatica che bambini e ragazzi non sempre affrontano con piacere. Scrivere è faticoso. Richiede concentrazione, tempo, autoregolazione, impegno e molto altro. Proprio per questo è difficile far amare la scrittura soprattutto quando è ancorata a proposte di produzione scritta come temi, riassunti, cronache o testi scolastici di vario tipo. Il problema è che, talvolta, si perde di vista il piacere e l’utilità della scrittura trasformando tutto in compiti da eseguire e tracce da rispettare. Scrivere è bello e divertente. Questa dovrebbe essere la percezione dei nostri studenti perché davvero la scrittura ha un potere incredibile. Attraverso di essa è possibile liberare le potenzialità creative di ciascuno, aprire la possibilità di narrare sé stessi e la propria dimensione interiore, ascoltare e ascoltarsi, stimolare il pensiero divergente…

Come fare? Innanzitutto, rendendo la scrittura piacevole fin dall’inizio della sua scoperta cioè dal momento stesso in cui i bambini imparano a scrivere. Molte difficoltà e frustrazioni possono essere smussate dalla presenza della componente ludica. Gianni Rodari, nella sua “Grammatica della fantasia” non ne ha mai fatto un mistero: l’invenzione di storie passa attraverso la fantasia e il gioco. Nel suo libro sono talmente tante le proposte per inventare racconti da sembrare inesauribili. Di giochi di scrittura parlano anche Ersilia Zamponi in “I Draghi locopei”, Bianca Pitzorno nel “Manuale di scrittura creativa” e Stefano Bordiglioni in “Giochi di scrittura”… Voci autorevoli che spiegano come rendere la scrittura un’esperienza bella, divertente e stimolante. 

Da dove partire? Si può giocare con gli elementi più semplici della frase: le parole. Lo spiega bene Gianni Rodari nel capitolo dedicato al sasso nello stagno: 

«Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna… Non diversamente una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente  non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere». (Grammatica della fantasia, ed Einaudi)

Lo argomenta anche Ersilia Zamponi: «Giocando con le parole, i ragazzi arricchiscono il lessico; imparano ad apprezzare il vocabolario che diventa potente alleato di gioco; colgono il valore della regola, la quale offre il principio di organizzazione e suggerisce la forma in cui poi essi trovano la soddisfazione del risultato» (I Draghi locopei, ed Einaudi)

Purtroppo, spesso si è portati a pensare che i giochi di scrittura siano appannaggio solo dei bambini quando, invece, rappresentano una risorsa importante anche per i più grandi. Lo sanno bene i docenti che, per esempio, hanno avuto l’opportunità di partecipare a laboratori di scrittura creativa assaggiandone quella componente ludica di profondo impatto sull’apprendimento.

Restituire alla scrittura la sua importanza, quindi, significa sperimentare approcci che vadano oltre i libri di testo e che suscitino creatività, curiosità, interesse, divertimento… ciò non solo per migliorare le competenze linguistiche ma, soprattutto, per promuovere la crescita dei nostri studenti come spiega in modo meraviglioso Gianni Rodari:

«La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni. Le fiabe (ascoltate o inventate) non sono «tutto» quel che serve al bambino. Il libero uso di tutte le possibilità della lingua non rappresenta che una delle direzioni in cui egli può espandersi. Ma «tout se tient», come dicono i francesi. […] Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport (se non diventano un affare). Servono all’uomo completo. Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la oro immaginazione». (Grammatica della fantasia, ed Einaudi).