La relazionalità è l’unica utopia politica fondata sulla speranza: non ci si salva da soli ma insieme agli altri

La relazionalità è l’unica utopia politica fondata sulla speranza: non ci si salva da soli ma insieme agli altri

Contemporaneità

L’idea di presentare una serie di articoli sulla Contemporaneità prende spunto dal pensiero del teologo e pastore luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer il quale durante la sua vita è sempre stato mosso dalla preoccupazione della realizzazione concreta, qui e ora, del Vangelo fino alla sua decisione di collaborare alla resistenza al Nazismo, collaborazione vissuta da lui come etica della responsabilità, cioè come capacità di rispondere agli appelli della storia nella fedeltà al Vangelo e ai segni dei tempi. Lo spirito con cui questi articoli verranno scritti sarà quello di rimanere legati alla “terra” per comprenderne le questioni più urgenti andando oltre l’ambito della mera opinione personale.

Oggi, nell’epoca del bombardamento mediatico, prevale sui fatti e sui dati reali la libera opinione basata su emozioni e sensazioni, su quella percezione fondata su paure indotte da chi ha interessi economici, sociali e politici. Ci troviamo dinanzi ad un esercizio della politica che anziché far ragionare il popolo, dà sempre ragione al popolo: questo è quello che oggi i politologi chiamano populismo. Cosa diversa è far ragionare il popolo per costruire e realizzare insieme una casa comune migliore, più giusta e pacifica: cosa che i politologi chiamano, democrazia.
Dopo un primo articolo sulla contemporaneità e sulla necessità di una politica che ritrovi nella speranza quel fondamento che la renda capace di rispondere alle esigenze del bene comune, di rispondere agli appelli della storia e di affrontarne le questioni più urgenti, gli articoli successivi affronteranno nello specifico la questione ecologica e dei migranti a cui la politica è chiamata a rispondere.

Come leggere oggi la questione ecologica e dei migranti? Come segni dei tempi I teologi parlano dei “segni dei tempi” come appelli di Dio nella storia che ci invitano a cambiare il nostro stile di vita in direzione di una ecologia integrale che porti alla solidarietà tra i popoli, la quale si potrà avere soltanto quando tutti saranno messi nelle condizioni di autodeterminarsi e autosostenersi con le risorse delle loro terre e quando tutti gli uomini avranno il diritto di cambiare vita attraverso la libertà di co-abitazione data dalla libertà di movimento

La frattura tra l’Io e il Tu umano e non umano è una di quelle cifre che caratterizza la contemporaneità. Frattura che minaccia non solo la vita di milioni di persone e dell’intero pianeta, ma che mette in discussione l’idea stessa di democrazia occidentale: con la questione dei migranti, dell’ecologia e in generale del rispetto della diversità, “è tutto in gioco”, vita, salute, politica, economia, ec

Una politica fondata sulla speranza può immettere nella storia degli uomini “l’ἐνέργεια della relazionalità”: l’uomo si realizza (in termini aristotelici energia indica il passaggio dalla potenza all’atto) nel mondo con-gli-altri (l’uomo passa da individuo a persona nella relazione). La relazionalità è l’unica utopia politica fondata sulla speranza: non ci si salva da soli ma insieme agli altri, altrimenti si riducono gli altri ad un mezzo da sfruttare per la propria salvezza personale, economica o sociale che sia. La relazionalità è l’unica occasione che abbiamo di realizzare tutti insieme in modo integrale, ovvero per tutti gli uomini e in tutti gli ambiti, la giustizia come bene comune, come quel bene di tutti e di ciascuno senza esclusione di razze e di specie superando definitivamente l’idea stessa di razza e specie per andare verso la valorizzazione della diversità.

Bisogna passare da un’antropologia individualistica, segnata dall’idea del dominio e della superiorità di una razza o di una specie sulle altre, ad un’antropologia relazionale segnata dall’idea che l’uomo si realizza insieme agli altri-diversi nel mondo e non nonostante o contro o sfruttando gli altri, valorizzandone la diversità e non negandola o neutralizzandola.
L’antropologia individualistica ha portato a delle etiche individualistiche, di matrice capitalista, segnate dalla logica del profitto e dell’arricchimento dei pochi a discapito dei molti poveri e indifesi della storia, di quelli che oggi chiamiamo migranti, pianeta, minoranze.

Occorre una rivoluzione culturale, fondata sull’energia relazionale, che porti da una parte al superamento dello “spirito di accanimento” oggi in atto nei confronti dei migranti, dell’ambiente e delle minoranze e dall’altra al riconoscimento del volto dell’altro in quanto altro.