La follia di una guerra del “tutto irragionevole”

La follia di una guerra del “tutto irragionevole”

Il clima di tensione e di paura che sta caratterizzando il cammino di tutte le popolazioni a livello mondiale a causa dei venti di guerra determinati dal conflitto tra Ucraina e Russia, non può non tormentare le nostre coscienze di uomini e di credenti, né non indurci ad una riflessione su quella realtà tragica che è la guerra, la quale minaccia il valore desiderato da tutti ma non facilmente raggiungibile, che è appunto la pace.
Certamente non vogliamo accostarsi ai molteplici aspetti geo-politici, economici, militari che il tema della guerra presenta, pur tuttavia ci sembra importante operare una riflessione, anche semplice e lineare, che possa fare interrogare la coscienza dei cristiani del nostro tempo.
Qui non si tratta di dare una definizione di guerra o di pace, né di fare distinzioni tra pacifismo radicale e pacifismo relativo , quanto, piuttosto, di capire se nel terzo millennio sia ancora pensabile una “guerra giusta” . Sta qui, infatti, il problema vero, considerato che nessuno, oggi, nonostante le divisioni e la diversità delle posizioni, glorifica la guerra, né si sogna di affermare quanto diceva Eraclito, già 25 secoli prima, e cioè che la guerra è la “madre di tutte le cose” .
Oggi, infatti, nella coscienza mondiale c’è la piena consapevolezza che la guerra è sempre, in qualunque caso, una azione negativa sia perché provoca esiti catastrofici quali perdite di vite umane, distruzioni ambientali, alterazioni della qualità della vita, sia perché non costituisce, anche come ultimo ed estremo rimedio, uno strumento idoneo a risolvere i problemi internazionali.

Per una valutazione etica

Lunghi periodi storici hanno sempre sostenuto la teoria della guerra” giusta”, teoria che non ha mancato di costruirsi il suo spazio anche all’interno delle popolazioni, perfino in ambienti cristiani ed ecclesiali, ove si è cercato di trovare tutte le spiegazioni umane possibili per dare una legittimità all’azione bellica come estremo rimedio per la risoluzione di un conflitto.
Giovanni XXIII nella sua enciclica Pacem in terris, in verità, aveva aperto orizzonti nuovi e più marcatamente nella direzione del Vangelo, sottolineando in maniera chiara che “è del tutto irragionevole (alienum est a ratione )pensare che la guerra possa essere un mezzo idoneo a risarcire i diritti violati”(n.43) ; pur tuttavia è invalsa nel tempo l’idea che possa a volte ritenersi legittimo il “diritto alla legittima difesa “ in caso di aggressione, e non precisando, fra l’altro, se dovesse trattarsi di difesa armata o non violenta.
Certo è che la guerra non può avere alcuna giustificazione e i recenti interventi dell’attuale Pontefice sul tema della guerra dicono con trasparenza che egli sta seguendo il principio dell’alienum est a ratione , tant’è che sulla sua posizione si sta ritrovando tutta la coscienza collettiva universale dei credenti e non solo, i quali hanno dato vita a istituzioni internazionali, movimenti non violenti che stanno inducendo ad una più meditata riflessione sul tema della guerra ed invitando la Chiesa ad accelerare e approfondire la questione con più attenzione verso il grido di condanna assoluta di ogni guerra, innalzatosi dalla coscienza dei popoli..
Nel terzo millennio credo siano da ritenersi oramai anacronistiche le vecchie teorie di una guerra giusta, perché non affondano, sicuramente, le radici nella verità evangelica; occorre puntare lo sguardo su alcune direttrici di marcia per nuovi traguardi di pace: 1)l’insegnamento e la prassi non violenta di Gesù, il quale ha superato la visione del “nemico” ha affermato la radicalità di un ethos improntato al comando “non uccidere”;
2) la consapevolezza che la guerra è un “viaggio senza ritorno”, una “strage inutile”, in quanto non esiste nessuno rapporto di proporzionalità tra i vantaggi ipotizzabili e i disastri catastrofici che essa
arreca all’umanità a livello planetario nelle sue articolazioni, sociali, economiche, etiche e di legittimità dei diritti di libertà e democrazia;
3) l’assunzione di tutta la riflessione, teorica e pratica, che l’attuale coscienza di pace collettiva ha elaborato e proposto come possibile alle istituzioni internazionali, unitamente alle strategie e tattiche che la Difesa popolare non violenta ha ritenuto possibile attuare per il dialogo tra i popoli e la risoluzione pacifica delle vertenze internazionali.
Questi nuovi orizzonti possono fare incamminare l’umanità su vie possibili di pace; coloro i quali hanno responsabilità precise sul futuro dell’umanità nonché quanti hanno a cuore la pace debbano fare una attenta riflessione ed ascoltare la voce che nasce dai popoli di ogni razza, lingua, civiltà, cultura e religione per assicurare una serena convivenza a questo mondo desideroso
di pace e di giustizia.