IN AUMENTO IN ITALIA IL FENOMENO DEL SUICIDIO TRA GLI STUDENTI. Urge comprendere il mondo degli adolescenti

IN AUMENTO IN ITALIA IL FENOMENO DEL SUICIDIO TRA GLI STUDENTI. Urge comprendere il mondo degli adolescenti

L’inizio dell’anno scolastico è stato segnato da tre tragici eventi. A Milano due giovani si sono tolti la vita mentre una ragazza che ha tentato il suicidio, è in gravi condizioni. La procura di Milano ha aperto un’inchiesta contro ignoti per istigazione al suicidio. Le ragioni che hanno portato i tre giovani ragazzi a compiere questo drammatico gesto non si conoscono ancora. La percentuale di ragazzi che si suicidano è in aumento in Italia. Perché siamo di fronte ad un’escalation di questi eventi? Ne parliamo con Stefano Callipo, presidente dell’Osservatorio Violenza e Suicidio psicologo clinico, giuridico e psicoterapeuta.
Perché un giovane può arrivare ad una scelta così forte?
Mai come in questo periodo è necessario porre il focus sui giovani, e talvolta giovanissimi. Le assunzioni autoadesive e condotte suicidare con la pandemia sembrano aumentate del 20%. Oggi il suicidio costituisce la seconda causa di morte per i giovani tra i 10 e i 25 anni. Le fasi pandemiche più difficili, restrizioni, privazioni, stravolgimento della tipologia di didattica scolastica hanno messo a dura prova la forza e la resilienza dei ragazzi, costituendo per alcuni, i più fragili, l’evento precipitante per compiere il gesto estremo. Spesso si tratta di una forma di malessere che affonda le radici in diversi contesti, esacerbato dalla solitudine e isolamento sociale. L’Osservatorio Violenza e Suicidio, di cui ho l’onore essere presidente, presente con una sede in ogni regione su tutto il territorio nazionale, cerca di monitorare sistematicamente l’espansione di tale fenomeno, presente in Italia, che conta ogni anno circa 4 mila morti, di cui il 5%, ovvero circa 200 sono soggetti under 24.
Perché in questi eventi c’è la tendenza a chiudersi e a non parlare con qualcuno prima di compiere il drammatico gesto?
Sfatiamo un mito. Non tutti i ragazzi che tentano il suicidio sono “malati mentali”. Se da una parte la depressione è spesso presente dietro un tentativo di suicidio, circa nell’85% dei casi, dall’altra non tutti i ragazzi che tentano il suicidio sono depressi. Spesso sono sopraffatti da un insopportabile dolore mentale, un intrusivo pessimismo (hopelessness) che non riescono più a gestire. In tal senso il suicidio, come spiego nel mio libro “Il Suicidio” della Franco Angeli (2019), non è quasi mai una ricerca di morte, ma una fuga dalla vita, da un dolore mentale non più gestibile. In tale quadro può essere sufficiente un evento precipitante per mettere in atto un tentativo estremo. A volte chiudersi, isolarsi socialmente possono costituire, se correlati ad altri segnali, dei campanelli di allarme prodromici al gesto suicidario.
C’è un modo per capire quando un adolescente sta attraversando un momento talmente difficile da portarlo al suicidio?
Gran parte dei ragazzi manifestano dei segnali comportamentali immediatamente precedenti al tentativo di suicidio, ed altri anche tempo prima. Gli indicatori comportamentali dei ragazzi che tentano il suicidio non devono essere valutati singolarmente, ma inseriti in una costellazione di altri indicatori che possano offrirci la percezione di un rischio suicidario. A volte il ragazzo tende ad isolarsi, può sperimentare l’anedonìa (incapacita nel provar piacere nel fare le cose), alterazione della condotta alimentare e del ciclo sonno veglia, irritabilità, sintomi depressivi ed altre variazioni del comportamento che non devono essere sottovalutate.