Educazione civica: appunti per una lezione sulla legalità. Carenza di dimensione europea nell’educazione civica/10

Educazione civica: appunti per una lezione sulla legalità. Carenza di dimensione europea nell’educazione civica/10

Soventemente per la docenza dell’educazione civica, disciplina che è stata istituita nell’a. s. 2020/21 con la legge n. 92/2019, come insegnamento trasversale sia nel primo che nel secondo ciclo di istruzione, vengono interessati precipuamente il professore o la professoressa di Diritto, ma data la trasversalità della materia vengono altresì coinvolti docenti di altre discipline, anche se ciò non è sempre effettuato in modo costante.

Comunque, in linea generale, si tende a seguire una linea “dirittocentrica” (mi si permetta il neologismo) e “nazionale”, come se questo insegnamento venisse considerato più come approfondimento delle materie leguleie, che come disciplina preposta alla formazione del futuro cittadino. Ma anche in questo caso si guarda più alla natura nazionale della cittadinanza, che a quella di dimensione più ampia, europea o internazionale.

Con la dichiarazione solenne sull’Unione europea, firmata nel giugno 1983 in occasione del Consiglio europeo di Stoccarda, i capi di Stato e di governo si sono impegnati a migliorare il livello delle conoscenze relative agli altri Stati membri della Comunità e le informazioni sulla storia e la cultura dell’Europa, al fine di promuovere una coscienza europea, raggiungibile con un maggiore rafforzamento dell’educazione civica, finalizzata alla formazione critica e sociale del futuro cittadino europeo. 

Pertanto possiamo affermare che scopo centrale dell’istituzione dell’educazione civica, voluta dall’UE per i tutti gli stati membri, è quello di formare, in modo trasversale, una figura di cittadinanza che abbia una visione più a largo respiro, rispetto a quella limitativa che offre la dimensione locale (provinciale) e nazionale dell’insegnamento, per meglio far inserire i giovani in un contesto allargato, sia culturalmente che a livello occupazionale. Ciò può essere meglio realizzato inserendo, tra l’altro, l’insegnamento dei valori comuni europei, intesi come i valori sanciti dall’articolo 2 TFUE, rispetto ai quali si rileva una debole attuazione della politica educativa in termini di strumenti concreti dei programmi di studio e misure di sostegno. Ecco come recita l’art. 2 del Trattato citato: “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”. Basterebbe approfondire la storia dell’Unificazione europea, partendo proprio dalla Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, per comprendere il profondo salto valoriale che la storia ha compiuto a partire proprio da quella data, proiettando le singole nazioni da un ambito locale a quello più ampio e condiviso, che è proprio della nuova Europa che man mano si andava e si va costruendo. 

Pace, solidarietà, sussidiarietà e benessere sono le colonne portanti dell’Europa dei cittadini e dei popoli.

Pertanto, comprendendo in modo chiaro come deve essere inteso il termine “cittadinanza europea”, possiamo meglio tracciare delle linee didattiche più chiare per un insegnamento della educazione civica in dimensione europea, la quale dimensione non deve essere vista come un’aggiunta alla programmazione didattica, ma intesa come propria ed implicita a questa disciplina.

La cittadinanza europea, nell’ambito dei confini geografici in cui i 27 paesi dell’UE sono concatenati, deve essere considerata come quell’insieme di qualità storiche, valoriali, sociali e culturali, piuttosto che linguistici, non esclusivi dell’ambito nazionale e territoriale, ma aperti a scambi e ad esperienze determinanti per la crescita e lo sviluppo di ogni singolo cittadino, in modo che ne generino quei determinati diritti e doveri, garantendone l’eguaglianza. 

In tal senso la cittadinanza europea è un’estensione mentale e culturale (non solo territoriale), verso una concezione della vita, in tutte le sue dinamiche, senza più confini storici, evitando di confondere o annullare le proprie caratteristiche locali, le quali devono, anzi, essere meglio conosciute e valorizzate, in un orizzonte comunitario e condiviso, nel rispetto delle diversità.

In tal senso la cittadinanza europea è complementare ed integrata a quella nazionale, non sottomessa. 

Ciò significa che ogni cittadino o cittadina, a qualunque stato membro dell’Unione europea appartenga, è automaticamente anche cittadino europeo, con stessi diritti e doveri. 

Tra i diritti (a carattere generale) si annoverano quello della libera circolazione dei beni e dei servizi, della tutela del consumatore e della sanità pubblica, della parità di opportunità e di trattamento, dell’accesso all’occupazione ed alla previdenza sociale, allo studio e alla autorealizzazione. 

E così, come in ambito nazionale, oltre ai diritti, ogni cittadino ha dei doveri da rispettare, ciò vale anche in dimensione europea, come il dovere di non discriminazione in base alla nazionalità; il dovere di rispettare l’espressione della cultura altrui; il dovere di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente; il dovere di fedeltà nei confronti dell’Unione, subordinato al dovere di fedeltà dello Stato di appartenenza, per evitare i nazionalismi.

Il trattato di Maastricht è il generatore della nuova cittadinanza europea, determinando il passaggio da una comunità di settori limitati ad una Unione di popoli europei a cui viene offerta una opportunità per un futuro di pace.

Questo Trattato dovrebbe stare al centro di una sana lezione di educazione civica.