Michele – Ancona

Michele – Ancona

Perché non ci mettete nelle condizioni di poter finalmente prendere in mano il nostro domani?…

Michele di Ancona, insegnante di Religione da 14 anni.

Caro ministro,
mi chiamo Michele, ho 43 anni e vengo dalla provincia di Ancona, nelle Marche. Ho conseguito nel 2006 il Baccalaureato in Teologia presso la Facoltà Teologica delle Marche e nel 2010, sempre presso il medesimo istituto, la Licenza. Ho scelto di studiare Teologia perché sono sempre stato affascinato da questa disciplina e perché era mia intenzione dedicarmi all’Insegnamento della Religione nella scuola pubblica. Sono docente di Religione dal settembre 2007 e sono contento di dire che porto avanti il più bel mestiere del mondo.
Ma purtroppo non tutto va per il meglio. Perché? Perché sono un docente sì felice, ma precario da ormai ben 14 anni. A settembre di questo anno inizierò il mio quindicesimo anno di lavoro a tempo determinato!
Sono felice quando la mattina entro in classe e incontro i miei ragazzi, ma la mia gioia di stare con loro e di aiutarli a crescere è sempre guastata dall’incognita che mi grava addosso e che mi porta a chiedermi sempre: “E il prossimo anno? E i prossimi anni? Che succederà?”.
Nella scuola pubblica non mi sono mai tirato indietro dal coinvolgermi a pieno nella funzione docente. Ho accettato, durante il corso degli anni, di servire come coordinatore di classe, come tutor studenti in entrata, come aiuto di funzione strumentale, come aiuto ai vari fiduciari di plesso… e tutto questo da precario! Non me ne sono di certo stato al sicuro nel mio cantuccio ma ho cercato sempre di rimboccarmi le maniche perché la funzione educativa della scuola pubblica si rendesse efficace attraverso la mia materia e soprattutto attraverso la mia persona. Ho partecipato a continui corsi di aggiornamento e ho sempre curato la mia formazione in itinere. Ma evidentemente allo Stato questo sembra non bastare! Questo Stato che servo come cittadino, portando avanti con passione la mia funzione di educatore e pagando tasse come tutti gli altri cittadini (e docenti!), con l’art.1bis della legge 159 del dicembre 2019 mi ha detto: “No aspetta, tu non sei un precario come tutti gli altri! Tu non hai diritto ad una procedura di assunzione che tenga conto del servizio che hai già svolto negli anni e della formazione che hai già accumulato. Ti mettiamo pressoché alla pari con tutti gli altri tuoi colleghi e colleghe che magari lavorano da minor tempo rispetto a te e che hanno i tuoi stessi titoli e forse anche di più. Buona fortuna e arrangiati!”. Ecco… a questo Stato che mi risponde così chiedo ancora una volta: Io e i miei colleghi “precari storici” cos’altro dovremmo dimostrare? E soprattutto… perché? Perché noi precari di Religione dovremmo continuare a portarci addosso questo stigma che continua a fare di noi una “categoria a parte”? Perché, rispetto a tanti altri colleghi nella scuola, dovremmo continuare ad entrare in classe senza alcuna tutela per il nostro futuro? Perché, se malauguratamente un domani la mia salute non reggesse per mille motivi, dovrei sentirmi dire: arrivederci e grazie, tu non sei assunto a tempo indeterminato e quindi non hai alcuna tutela…trovati un altro lavoro e che Dio te la mandi buona! Non sono sposato e non ho una mia famiglia e sicuramente la mia situazione di precario non mi consente di poter programmare serenamente il mio futuro. Perché se incontrassi una donna (magari precaria anche lei) con la quale poter costruire un domani dovrei dirle: aspetta, più di tanto non potremo fare. Non potremo mai chiedere un mutuo ad una banca. Dovremo farci sempre aiutare dai nostri genitori, se abbiamo ancora la fortuna di averli. In passato questo Stato ci ha anche chiamato bamboccioni e “generazioni sdraiate”.
Ecco… allora perché non ci mettete nelle condizioni di poter finalmente prendere in mano il nostro domani?
Caro ministro, io sono qui oggi… noi tutti siamo qui. Aspettiamo una risposta! Noi non arretreremo di un millimetro!