Rosalia – Treviso

Rosalia – Treviso

Sono moglie e anche madre di due bellissimi figli ai quali ho sempre dovuto insegnare una parola importante: “domani”…

Rosalia di Treviso, insegnante di Religione da 20 anni.

Caro ministro,
anch’io sono qua oggi a protestare, ad indignarmi. Non l’avevo mai fatto ma ho deciso che continuerò a protestare, a dire ciò che non è giusto.
Lei si chiederà chi sono… vero? Glielo spiego in poche righe, non le faccio perdere tempo…
Mi chiamo Rosalia, sono un’insegnante di religione della provincia di Treviso e sono moglie e anche madre di due bellissimi figli ai quali ho sempre dovuto insegnare una parola importante: “domani”.
Proprio così, perché essendo io insegnante precaria da una vita, ho sempre dovuto dire, di fronte a qualsiasi richiesta: “domani”.
Sa perché signor ministro: perché i soldi che la mia famiglia aveva ed ha a disposizione non sono tali da permettermi di dare quello che i miei figli chiedevano o chiedono.
Tutto ciò le sembra giusto? È vero, bisogna insegnare ai ragazzi ad avere le cose con un po’ di sacrificio, ma il troppo storpia.
Lei, signor ministro, ha insegnato questo ai suoi figli? Ha insegnato il sacrificio, la rinuncia, l’attendere inutilmente… sapendo che ciò che ha chiesto non arriverà mai?
Non credo proprio…
Per di più, il non poter accedere ad un semplice finanziamento di 1.500 euro le sembra giusto? A me no… a me sembra ingiusto… e oggi io mi sono stancata di aspettare.
Per cui le chiedo: perché anch’io non posso essere trattata come le mie colleghe quando vado in banca, in una finanziaria? Perché devo sentirmi diversa dalle mie colleghe? Perché devo sentirmi dire “non è possibile, non abbiamo garanzie”?
Che tristezza… Mi spieghi, signor ministro, perché avete modificato, rimpastato pur di fare concorsi straordinari per tutti… tranne che per noi insegnanti di religione…. Io desidero saperlo… ho il diritto di saperlo….
Concludo, signor ministro, non le faccio più perdere tempo, le voglio dire una cosa semplice: io ho il dovere di agire con responsabilità quando sono a lavoro e lei faccia altrettanto, rispetti noi insegnanti di religione, inizi a considerarci alla pari di tutti gli altri docenti.
Uguali doveri, ma anche uguali diritti.