L’azione sindacale e il sentire comune

L’azione sindacale e il sentire comune

“Ai tempi del Coronavirus” – così si è soliti iniziare o concludere un’affermazione o un articolo di questi tempi – ogni iniziativa o presa di posizione rischia di scatenare discussioni e critiche, volte per lo più a disorientare più che a risolvere le questioni. Rientrano in questo vortice “opinionistico”, visto anche l’interesse manifestato da talune trasmissioni televisive, due settori strategici della nostra società: la scuola, l’università e la ricerca da una parte e dall’altra il sistema sanitario, fatto da strutture ospedaliere, dunque da medici, infermieri e volontari del soccorso.

Ai tempi del Coronavirus questi due settori, martoriati dalla fine degli anni novanta con tagli di spesa e varie riforme, oggi diventano strategici. È indubbio il ruolo della sanità, in quanto medici e infermieri sono impegnati in prima linea (e non possiamo disconoscere l’impegno personale, ma anche delle rappresentanze sindacali di categoria nel tutelare la salute e il lavoro del personale sanitario), ma non di meno lo sono i  docenti di ogni ordine e grado che “lottano” ogni giorno con un sistema scolastico che non  è uniforme su tutto il territorio nazionale e  che l’autonomia scolastica, la mancanza di orientamenti e di preparazione specifica sta lentamente manifestando tutta quanta quella scellerata politica messa in atto nella scuola da tutti i governi degli ultimi vent’anni.

 Dal 25 febbraio ad oggi, attraverso numerosi DPCM e in modo particolare dal mese di marzo in poi, la didattica a distanza (modalità di insegnamento ampiamente approfondita nel numero di professione i.r. di aprile 2020) ha sostituito di sana pianta la didattica tradizionale, con un piccola ma sostanziale differenza: la didattica in presenza, prevede diritti e doveri per i docenti ben delineati nei vari CCNL dal 1995 al 2016;  mentre la didattica a distanza non ha trovato fondamento normativo fino all’8 aprile u.s., né ad oggi in nessuna norma contrattuale, in quanto – di fatto – impensabile fino a tre mesi fa. Rimangono dunque due elementi ad oggi il DL 22/2020, che regola il nuovo andamento dell’anno scolastico, in modo particolare, gli esami conclusivi di primo e secondo ciclo e che “rende obbligatoria” e la didattica a distanza, senza però nulla dire riguardo il tempo lavoro del docente; riguardo gli strumenti (TIC) da utilizzare e a carico di chi sono gli eventuali costi sostenuti dai docenti per l’attivazione di eventuali connessioni internet, fino al 1 marzo utile magari solo per scaricare la posta oggi non più sufficiente per sostenere ore ed ore di connessione con collegamento in remoto per lo svolgimento del proprio lavoro. Si è parlato di volontariato e di sforzo personale di ciascun lavoratore della scuola: dai docenti al personale ATA, ognuno ha fatto la sua parte: i docenti immediatamente, specialmente i più digitalizzati, si sono offerti come mentori a supporto dei colleghi che erano quasi estranei al mondo digitale; i famosi “animatori digitali” previsti dalla legge 107/2015 finalmente hanno avuto modo di doversi occupare non solo di attivazione  o semplice gestione del sito dell’istituzione scolastica e l’attivazione di account correlati, ma di quella digitilizzazione della scuola: la didattica… tutto in solo 30 giorni. 30 gg che hanno spaccato – sindacalmente parlando – la categoria dei docenti in due: pro didattica a distanza e pro libertà di insegnamento. Bisogna essere onesti che anche chi è stato estenuante sostenitore della libertà di insegnamento, ha svolto didattica a distanza. Le maggiori diatribe si hanno avuto in talune istituzioni scolastiche ove il Dirigente Scolastico e lo Staff di collaboratori, hanno imposto modalità di somministrazione della DAD e tempi rigidi di somministrazione.

Il luogo di lavoro delimitato dalle quattro mura della classe è diventato di un tratto l’ambiente domestico davanti ai vari device a disposizione dei docenti, obbligati a firmare registri e rendicontare il tempo lavoro sincrono con l’orario scolastico,  pensato e strutturato per la didattica in presenza. In alcune Istituzioni Scolastici si è rasentato l’assurdo: giustificare l’assenza del docente quel giorno in cui non ha svolto la videolezione, come se la videolezione fosse sorvegliata da una sorta di “grande fratello” nella persona del coordinatore di classe o di plesso o del dirigente. Ma quello che più dispiace come questi colleghi, vilipesi nel loro diritto, sacrosanto, di scegliersi gli strumenti didatti più consoni (dunque la libertà di svolgere e se svolgere la videolezione), abbiano sottostato alle manie di controllo di questo o quell’altro dirigente e dei suoi collaboratori.

Dunque la domanda nasce spontanea: i diritti sindacali sono stati superati dall’emergenza? Non esiste più un contratto e una contrattazione? Ebbene i problemi sono molteplici e non sempre di facile soluzione. Nelle istituzioni scolastiche nel 2018 è stata eletta la Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) che ha il preciso compito di ascoltare i lavoratori e porsi come mediazione tra le istanze di quest’ultimi e il datore di lavoro. Un compito non sempre semplice quando il ruolo di RSU non è libero, nel senso che la rappresentanza sindacale e il datore di lavoro sono rappresentati dalla stessa corrente sindacale oppure che tra il datore di lavoro e la RSU ci sia un rapporto di amicizia, collaborazione e magari di intenti condivisi che se vanno verso la tutela del lavoratore ben vengano, ma se vanno verso la tutela del datore del lavoro e della sua vision, ebbene possiamo dire che la RSU ha fallito nel suo compito? Al lettore la valutazione di merito!

Dunque quale deve essere l’azione sindacale nella scuola “ai tempi del Coronavirus”? Mi vengono in mente le parole del Comandante Masssimo Decimo Meridio nel film “il Gladiatore”: “al mio segnale, scatenate l’inferno”. Ecco il segnale: quale azione sindacale? I dirigenti Scolastici, capitanati dal sindacato maggiormente rappresentativo, si fanno forti del loro ruolo di condottieri e capitani. Sono loro, così come indicato nella Nota Bruschi (n. 388/2020) che hanno il compito di attivare e organizzare la DAD. Come è stato letto questo compito puramente organizzativo? Come ruolo  impositivo: alcuni Dirigenti, pronti a mettere in mostra tutte le loro abilità organizzative, spacciando collegialmente per obbligatorio, ciò che obbligatorio non è; imponendo monte ore; imponendo strumenti; imponendo la qualsiasi pur di dire che la scuola che “governano”, che “dirigono” è una scuola all’avanguardia… una scuola innovativa! I docenti e il personale ATA, sudditi di talune e tali realtà – per fortuna poche, bisogna ammetterlo – si ritrovano a deliberare in remoto quanto dettato dal Dirigente ed interpretato a proprio uso e consumo, senza facoltà di replica… anche perché questi Innovativi DS  vengono sopportati da staff di collaboratori che hanno dei precisi interessi: legati al FIS oppure ad esoneri parziali e/o totali dal servizio attivo in classe. Così si vengono a creare quasi naturalmente due correnti: i proponenti prepotenti e gli obbedienti silenti. I primi continuano a garantirsi per il futuro il sostegno del DS e tutto ciò che è ad esso correlato; i secondi “si fanno le loro cose così come vuole il Dirigente”, sono quelli che “non vogliono avere problemi” che rimangono silenti e obbedienti sempre, ignari che il loro silenzio non porta frutti… ma c’è una terza categoria di docenti, che ai tempi del governo Renzi erano definiti i “contrastivi”: docenti che cercano di ragionare per diritto, contratto e buon senso, ma che non vengono visti di buon occhio dai vari collaboratori degli innovativi DS, talvolta nemmeno da qualche RSU eletta e dall’altra, sono supportati “sottovoce” dai silenti obbedienti, dunque in altre parole rimangono soli, oppure supportati a volte da qualche rappresentante sindacale provinciale che, se interviene in una qualche riunione, formata dalla compagnia del DS, rischiano il linciaggio morale e vengono anche riempiti di insulti gratuiti, stravolgendo il pensiero lasciando passare come  gente che manca di buon senso… proprio quella gente che lotta per il diritto e la giustizia Costituzionalmente garantita.

Di contro a quanto avviene all’interno delle mura (oggi virtuali) della scuola c’è il sentire comune: è indubbia la eroicità degli infermieri e dei medici, ma i loro agire è non è tutelato da un contratto di lavoro? Non ultimo la denuncia da parte del Sindacato Nursind *  riguardo il mancato pagamento delle ore lavorate a quel personale sanitario part time invitato a rientrare full time. Sono stati sottoposti a turni estenuanti di lavoro, ma è anche vero che il loro lavoro dovrà essere retribuito così anche lo straordinario effettuato. Il Decreto Cura Italia ha previsto per questi lavoratori piccoli benefici economici in aggiunta a quanto già contrattualmente previsto. Per i docenti e il personale della Scuola l’eroicità di tutti i giorni non si vede; è un’eroicità di confine, una eroicità silenziosa che agisce nella quotidianità e nella vita di giovani menti che si affacciano alla bellezza del sapere e della vita. I docenti, tutti: paladini della DAD e della libertà di insegnamento; di coloro i quali accettano le sfide della digitalizzazione forzata e chi naviga nella rete come campione di nuoto, devono ricevere egualmente la loro fetta di rispetto e di comprensione ed essere riconosciuti quali eroi culturali degli anni venti del ventunesimo secolo.

Link articolo infermieri https://www.bergamonews.it/2020/05/08/infermieri-il-sindacato-ci-chiamano-eroi-ma-non-ci-pagano-tutte-le-ore-lavorate/369168/